martedì 29 novembre 2022

E FÌGLIE DE FRANSÉ di Roberto Rovelli


La Mortola Inferiore
         
 

Lasciü ai Cacciairui*,                                    

inte üna de chele antighe cae de pria,                      

i ghe stava e due fìglie                                

d’u veciu Fransé u Brüxa.                          

A ciü ançiàna, zitela da ani, vesciusa,                     

a nu’ pisciava pe’ nu’ duvesse bugià.            

Delòngu tüta ingiarmà,                                 

mancu s’a fusse ina bügata,                         

a l’eira cuscì pintà che paresceva                

ch’a se fusse pegà u trücu cu’a cassöra.      

A gh’ava ciü cuřui indòssu                         

d’in pagliàssu d’u circu                               

e candu a parlava                                         

i sòi lèrfi i s’arissava                                   

cume in cü de gaglina cu’u rusétu.              

L’autra, pe’ contra,                                      

gruscéira e nu’ gairi degurdìa,                     

cu’i ögli ch’i mira insci’û figu, desberìa,    

faudéte amotàe, unte e répessàe,                  

a paresceva a “Maga Magò” d’i füméti.      

Cu’e scarpe tüte strupiàe                             

e i tachi, da chissà candu, méżi früsti,         

a caminava cürva, asbrivà,

barlüciàndu cume in ursu sbuìu                  

ch’u s’è pigliàu ina scciupetà                                   

int’ê scciape de cü.                                      

Epüre tüte due i se son infin mariàe;           

defati, cum’u dixe u pruvèrbiu:                   

“U nu’ l’è bèlu çò ch’u l’è bèlu,                  

ma u l’è bèlu çò ch’u piaixe”.                     

 

 

 

 

Roberto Rovelli – Dialetto di La Mortola

 

 

LE FIGLIE DI FRANSÉ

 

Lassù ai Cacciairui*,

in una di quelle antiche case di pietra,

ci abitavano le due figlie

del vecchio Fransé u Brüxa.

La più anziana, zitella da anni, leziosa,

non pisciava per non doversi muovere.

Sempre tutta abbigliata,

nemmeno se fosse una bambola,

era così pitturata da sembrare

che si fosse spalmata il trucco con la cazzuola.

Aveva più colori addosso

di un pagliaccio del circo equestre

e quando parlava

le sue labbra s’arricciavano

come un culo di gallina col rossetto.

L’altra, invece,

grossolana e non tanto smaliziata,

con gli occhi strabici, spettinata,

gonne stropicciate, unte e rattoppate,

sembrava la “Maga Magò” dei fumetti.

Con le scarpe tutte deformate

e i tacchi, da chissà quando, mezzi frusti,

camminava curva, affrettata,

barcollando come un orso spaventato

che si è preso una schioppettata      

nelle natiche.

Eppure tutte due si sono eventualmente sposate;

infatti, come dice il proverbio:

“Non è bello ciò che è bello,

ma è bello ciò che piace”.

 

 

 

*Cacciairui, vecchia borgata di case della frazione di La Mortola Inferiore.

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