O cumpagni, che
pe’ a ciansa e a furtüna
zà savé e
desgraçie e péne,
vui, che avé
cumbatüu e
scumpassau
tante e tali miserie,
u Scignù u ve farà avé
paixe e chiete, e
ben aviau
sta tempesta e
ste péne
i l’averan fin.
Vui vieré i sciti
unde, scumpassai i
perighi, purréré
vive in paixe, e de
sta navigaçiun
cuscì dulurusa
mantegniré u
regordu.
Dario Canavese – Dialetto di Ventimiglia
- Sezione Traduzioni
PREMIO “CENTRO DI CULTURA DIALETTALE”
Stevanin Carabalona al XXXVII Premio di Poesia Dialettale Intemelia “U Giacuré”
– Ed. 2025
Unico classificato della Sezione
Traduzioni con la seguente motivazione:
Da
Virgilio ad Annibale Caro e infine a Dario Canavese, il canto quarto
dell’Eneide è un invito, per intercessione divina, alla tregua, alla pace, per
tutti i soldati che già conoscono bene le disgrazie, le pene e le miserie
umane. A loro sarà riservato vedere i luoghi senza più pericolo e vivere in
pace, non dimenticando la penosa navigazione loro occorsa. Un passo in cui si
celebra la pace, in un mondo in cui è dimostrato che non si riesce a fare a
meno delle guerre.
VIRGILIO, ENEIDE, LIBRO
IV di Annibale Caro
O compagni, che
per la sorte e il fato
già conoscete le
disgrazie e le pene,
voi, che avete
affrontato e
superato
tante e tali miserie,
Dio vi darà
pace e serenità, e
ben presto
questa tempesta e
questi dolori
avranno termine.
Voi vedrete i luoghi
dove, superati i
pericoli, potrete in
pace vivere, e di
questa navigazione
così penosa
conserverete la
memoria.
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