Rébegu, targétu,
priṡunàiřa,
cařamèla,
in bufuřùn de ventu,
e i vöřa cume föie
seche e senza sciügu,
e i cröa da l’arbuřu
sensa in lumentu,
i l’àn fenìu a sou vita.
Parole che u tenpu
u l’à condanau a morte,
ai pei de l’arbuřu
ch’u l’à partuřìe,
cume candu ven l’autünu.
Ma ele i nu pön speřà
int’ina növa prima.
Giovanni
Soleri – Dialetto di Vallecrosia Piani
Premio “Ass. Cult. A Cria” di Vallebona
al XX Concorso Letterario di Poesia Dialettale “Giannino Orengo” di Dolceacqua
– Ed. 2025, con la seguente motivazione:
Poetico
componimento sul tema della perdita della parlata dialettale. I termini sono
pregni di significati secolari sia nell’uso orale, sia in quello fisico,
intrisi di conoscenza. Come foglie secche, sono destinati a cadere ai piedi
dell’uomo stesso che le ha coniate, senza speranza alcuna di germogliare
ancora. Si sente il peso di una cultura persa in tutte le sue sfaccettature.
VECCHIE PAROLE
Erpice, chiavistello,
Pleiadi, monocolo,
un soffio di vento,
e volano come foglie
secche e senza linfa,
e cadono dall’albero
senza un lamento,
hanno terminato la loro
vita.
Parole che il tempo
ha condannato a morte,
ai piedi dell’albero
che le ha generate,
come quando arriva
l’autunno.
Ma loro non possono sperare
in una nuova primavera.
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