giovedì 3 marzo 2022

“ON RAIXÙN MI!” di Roberto Rovelli


 

Chela séira a çena                                       

m’eira rüsàu cun me’ pàire;                          

u capitava suvénte de cheli tempi,              

forsci a l’eira l’età                                       

e a mei tùcia de zùvenu testardu.                

Ma chi ghe pativa de ciü                            

a l’eira chela povera dòna de me’ màire.    

Cuscì, arragiàu, eira sciurtìu                       

sbatendu a porta;                                        

u l’eira cume vurré dì,                                

“on raixùn mi!”, inscì se raixùn                  

mi nu’ n’ava propiu pe’ rèn.                       

U ghe vö d’u tempu                                    

pe’ acapì e gafe d’a zuventü:          

empürsi sença cuntròlu                               

e emuçiùn numia de çervelu.           

Afurtünàu chi l’arrésce turna a arvì            

chela porta sbatüa da arragiàu,                   

percose, se a l’arresta serrà,                        

â longa u l’arresta serràu inscì u cö.           

 

 

 

Roberto Rovelli – Dialetto di La Mortola (Ventimiglia)

 

 

“HO RAGIONE IO!”

 

Quella sera a cena

mi ero bisticciato con mio padre;

succedeva sovente a quei tempi,

forse era l’età

ed il mio atteggiamento di giovane testardo.

Ma chi ci soffriva di più

era quella povera donna di mia madre.

Così, arrabbiato, ero uscito

sbattendo la porta;

era come voler dire,

“ho ragione io!”, anche se ragione

non ne avevo proprio per nulla.

Ci vuole del tempo

per capire gli sbagli della gioventù:

impulsi senza controllo

ed emozioni invece di cervello.

Fortunato chi riesce nuovamente ad aprire

quella porta sbattuta da arrabbiato,

perché, se rimane chiusa,

a lungo andare rimane chiuso anche il cuore.

 

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