domenica 31 agosto 2025

COUSE D’IGNA VOUTA di Silvano Rebaudo


Cueta, martelaira, pichetu, mesuira e daiu

 

Candu l’erba a l’è auta

E besegna daeghe in taiu.

 

Trenta e raster per abigaela e lasciaela secae.

 

U scaudaleitu sute i lensei

Per scaudae maire, paire ei sei fiei.

U barie cen de merda

Da portae in te l’oetu a veiae,

per cuncimae.

U pairoe de ramu cun u bastun

Per girae a pulenta in ta freida stagiun.

A tarabaca, che u venerdi santu,

candu e campare i nu soeran ci,

a l’entra in funsiun, fin ae di de a resuresiun.

Candu u leame da a stala u se deve levae

A paua e u trenta besegna aduperae.

Magaietu per intrecavae e,

magaiu, candu e patate i sun maire

e i se deve arancae.

A trapeta per aramae e u sacun

per cheie insueiai e oerive che,

fora dee tende i sun cruae.

A migna, u sacu, u mundaue

Per netegiae e oerive dae feie e dae rame

Prima de portaele a sfragne.

Merter e bastun per pistae u gran

 

E ANCOE

 

Vagliu, morignetu der café, beriun, coeba,

cavagnu, puaira, puairassu.....

Tite couse d’igna vouta,

tante adesu i nu se isan ci e,

se ti ne paela ai giuvi danchei,

i se mete a rie

e i te pia ancoe per u chie.

 

 

 

Silvano Rebaudo – Dialetto di Pigna

Premio “Comune di Pigna” al XX Concorso Letterario di Poesia Dialettale “Giannino Orengo” di Dolceacqua – Ed. 2025 con la seguente motivazione:

Gli oggetti antichi, le cose di una volta, oltre che a sparire dall’uso, sparirebbero anche nella loro nomenclatura se non diventassero parole sulla carta o esposizioni museali. E’ così che si può lasciare una traccia nel tempo del loro essere esistiti e utilizzati. Testimonianza che solleva anche una visione delle epoche e delle persone cui sono appartenuti: un mondo che i giovani d’oggi deridono come non fosse mai esistito.

 

 

COSE DI UNA VOLTA

 

Cote, incudine battifalce, martello, falce e falce fienaia

 

Quando l’erba è alta

e bisogna darci un taglio.

 

Tridente e rastrello per ammucchiarla e lasciarla seccare

 

Il scaldaletto sotto le lenzuola

per scaldare madre, padre e i loro figli.

Il barile pieno di cacca

da portare nell’orto per concimare.

Il paiolo di rame con il bastone

per girare la polenta nella stagione fredda.

La tanavella (o battola o crotalo), che il venerdi santo,

 

quando le campane non suonano più,

entra in funzione, fino al giorno della Resurrezione.

Quando il letame dalla stalla bisogna togliere,

la pala e il tridente bisogna usare.

Zappetta per zappettare

 

e zappa a tre denti, quando le patate sono mature

 

e si devono togliere.

 

La pertica per abbacchiare e il sacchetto

per raccogliere, inginocchiati, le olive che,

fuori dalle tende sono cadute.

Il doppio decalitro, il sacco, la defogliatrice

per pulire le olive dalle foglie e dai rami

prima di portarle a macinare.

Mortaio e bastone per pestare il grano

 

E ANCORA

 

cesta per mondare il grano, macinino per il caffè, fraschera da fieno, cesta grande

cesta, roncola, roncola grande (o roncola bergamasca)

tutte cose di una volta,

tante adesso non si usano più e,

se ne parli ai giovani di oggi, si mettono a ridere

e ti prendono ancora per i fondelli.


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