E vagu in ti carugi der mei
paise
cei de malincunia.
U remur dei mei passi
u rebumba in see faciate
dei bausi sbiadii cei de
vita.
In ti pecin spasi
tra in arcu e l'autru
unde u se ve' in pocu de
lije
i mei egli i ven sulu
girusie destacae
o barae cume egli stenti.
U se sente da legni
u remur dei mutui in sei
teiti sculurii.
U silensiu u a fa da padrun
a testa a viagia
regurdendu i segni de vita
e i sogni che i sun restai
barai in te sti carugi.
Franco Rebaudo – Dialetto di Pigna
Premio “Famiglia ADRIANA OXILIA” al XXXIV “U Giacuré” – Ed. 2021 con la seguente motivazione:
Il
poeta evoca la realtà dei borghi dell’entroterra più interno, dove la mancanza
di vita nei carugi è quasi totale. I versi descrivono la decadenza, che si
percepisce nel vissuto delle pietre dei muri e delle fatiscenti finestre
chiuse. Ricordare quei luoghi pieni di gente e gente del posto è sicuramente
triste e malinconico, ripensando a come era vivo il paese: chi si incontrava,
chi abitava sotto quel portico, chi si affacciava da quella finestra.
Testimonianza del cambiamento profondo causato in pochi decenni dalla modernità
rispetto a secoli di vita.
CARUGI
Vado per i carugi del mio
paese
estesi di malinconia.
Il rumore dei miei passi
aleggia sulle facciate
di pietre scurite incrostate
di vita.
Nei piccoli spazi
tra un arco e l’altro
dove filtra la luce
alzo lo sguardo e vedo solo
finestre chiuse
o cadenti come occhi spenti.
Si scioglie in lontananza
l’eco dei brusii di motori
sui tetti scoloriti.
Il silenzio la fa da padrone
la mente si amplia
ricordando i palpiti di vita
e i sogni
rinchiusi in questi carugi.
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