Rundela u balùn
in t’ina fascia
afermenduse avanti tempu
tra geve ciatae
in te l’erba verda
ingögliendu stinchi asbrivai
ragli rus’e blö
peae de ciatu e de colu
pasendu tra ingaloti e
rugiui
i u schita pe aria
u purtè u se sciourica
tra ina scarasa e ina causa
d’auriva
u vöra in scia a bunda
ün a pesu
longu camìn
dui veci i s’aregira
“i giöga au fusbal, nun au
balùn”
u garsùn ciü asbigliu
u cara da vale
a arecamparu
bulegau da ina bela barà
a ramà a l’arepiglia a
scuriru
fin’a che u tempu de
l’ürbetu
u scivùra a fìn.
Stefano
Albertieri – Dialetto di Vallebona
Premio
Alzani Editore a “U
Giacuré 2025” con la seguente motivazione:
Nell’arco di un respiro, si svolge il
componimento che descrive la partita di calcio improvvisata da un gruppo di
ragazzi. Non c’è un campo vero e proprio, ma un fascia di campagna, dove si
inciampano, si spintonano, si danno calci tra di loro per colpire infine la
palla. C’è un goal, ci sono dei vecchi che passano e commentano, dicendo che è
il football, non è più il pallone elastico, l’antico gioco di cui anche loro
sono stati protagonisti. Non c’è arbitro che fischi la fine, è l’oscurità della
sera a designare il ritorno a casa. Passaggi generazionali e pot-pourri di
termini che tutelano il dialetto valebunencu.
CALCIO
Rotola il pallone
nel ripiano di terreno
fermandosi prima del tempo
tra zolle nascoste
nell’erba verde
attorcigli di stinchi
rincorsi
grida rosso blu
pedate di piatto e di collo
passando tra inciampi e
spintoni
lo schizzano in aria
il portiere si butta
tra un paletto da vigna e
una calza d’olivo
vola sulla sponda
uno a zero
lungo sentiero
due vecchi si rigirano
“giocano a Fussball, non al
pallone”
il ragazzo più arzillo
scende di sotto
a raccoglierlo
mosso da una bella sprangata
il gruppo riprende a
rincorrerlo
fino a che il tempo dello
scurire
fischia la fine.
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